Nell’intervista condotta da Samuele Camatari, risponde e chiarisce qualsiasi dubbio sull’espressione Digital Transformation e sui suoi benefici, Giancarlo Bonzo, Amministratore Delegato del Centro Congressi Unione Industriale di Torino.
Cosa significa l’espressione Digital Transformation?
Da tempo l’espressione “Digital Transformation” si fa sempre più largo nelle agende delle aziende che oggi, di fronte alla pandemia generata dal coronavirus, si rendono conto se la trasformazione digitale impostata è realmente efficace oppure era solo un’etichetta da sbandierare.
La digitalizzazione può essere utile perché permette di rendere semplici le verifiche.
Digitalizzazione significa in particolare revisione dei processi in chiave digitale.
La trasformazione digitale dei processi tipicamente in ambito back-office: dall’Amministrazione al Personale, passando anche per la Qualità e la gestione del prodotto.
Per restare competitivi, la Digital Transformation è quindi centrale.
Il tema è trasversale per ogni settore, anche se le aziende impegnate nel mondo B2C hanno dovuto accelerare forse più delle altre che comunque si sono dovute adattare rapidamente a loro volta: in generale il tema è al centro dell’attenzione di tutte le imprese che devono gestire grandi volumi di documenti e grandi numeri di utenti.
Processi e digitalizzazione sono tornati di prepotenza in agenda proprio in questa fase di emergenza sanitaria (ed economica di riflesso) che vede sempre più aziende affidarsi allo Smart working per assicurare la continuità del business. Ma il lavoro agile è solo lo strumento per dare seguito a una strategia che necessita di un modello organizzativo e soprattutto deve consentire l’accesso da remoto a tutto il patrimonio informativo in modo digitale. Si basa soprattutto sulla fiducia reciproca e sulla diffusione di una cultura di misurazione e valutazione degli obiettivi aziendali.
Il coronavirus e la Digital Transformation
Il coronavirus in poche settimane ha fatto emergere la grande fragilità della globalizzazione. La pandemia ha causato crollo della borsa, chiusura di porti, aeroporti e fabbriche, blocco di merci e container, fine dei flussi di turisti e migranti. Ha anche evidenziato l’assenza di cooperazione internazionale, ricordato rigidità e limiti dell’Unione Europea, confermato la mancanza di trasparenza dell’Iran, degli Ayatollah e della Cina comunista, mostrato l’inadeguatezza di diversi leader politici.
Unica nota positiva l’interruzione delle maggiori crisi internazionali: emergenza migratoria, guerre commerciali, proteste a Hong Kong, Iran e Cile, guerre in Libia e Siria.
Terminata l’emergenza, nella migliore delle ipotesi si rafforzerà il fenomeno di reshoring e si cercherà di rendere le catene di fornitura, le supply chain internazionali, meno vulnerabili e più vicine ai mercati di sbocco. È tuttavia possibile che si rafforzi la convinzione, già piuttosto diffusa, che le minacce prodotte dalla globalizzazione siano superiori alle opportunità. Ne seguirebbero energiche politiche protezionistiche, un drastico cambiamento della geografia produttiva e il rafforzamento dei nazionalismi economici. Uno scenario che ricorda gli anni trenta del secolo scorso.
Occorrerà quindi fare “sistema” a livello europeo (le filiere dei diversi Paesi sono infatti connessi tra loro) come ha esortato l’ex presidente della Bce Mario Draghi. L’obiettivo deve essere prendere decisioni condivise, destinare risorse economiche importanti e far crescere tecnologie e competenze, così da arrivare tutti pronti quando sarà superata l’emergenza e avere filiere europee autosufficienti.
La Digital Transformation prima di COVID19
Prima di Covid-19 la SARS era un nemico serio. Soprattutto in Cina dove causò la più grave crisi sociopolitica dal 1989 con molti esperti economisti pronti a condannare il sistema e annunciare la fine di un’economia, annunciandone una imminente recessione.
Le persone comuni erano terrorizzate. Strade deserte, incredibile per un paese così popoloso. Un esercito silenzioso di persone a combattere un virus invisibile ma letale.
E, a differenza di quello che sta accadendo oggi, con persone da invitare a rimanere a casa, in quel periodo in Cina nessuno voleva uscire di casa. La Cina e il mondo, come sappiamo, sconfissero la SARS.
Ma quel virus, come ogni virus, non infetta solo le persone. Contamina le società.
In quel caso, con la società cinese, avvenne un contagio che potremmo definire positivo: la digitalizzazione. Molti cinesi iniziarono ad acquistare on line ogni genere di prodotto per paura di contrarre il virus e questo portò a una crescente abitudine agli acquisti on line e a un progressivo aumento dell’offerta. Tra questi nuovi operatori, uno su tutti avrebbe beneficiato del cambiamento: Alibaba.
La crisi e le sue opportunità?
Ogni crisi porta con se anche delle opportunità. Come scrisse Duncan Clark, autore di “Alibaba: The House That Jack Ma Built”: “L’epidemia ha avuto un impatto curiosamente benefico sul settore digitale cinese, compresa Alibaba. La SARS ha validato le potenzialità della telefonia mobile digitale e di Internet e si è arrivati a un punto di svolta rendendo Internet un mezzo veramente di massa in Cina.”
Come affrontare la crisi portata dal virus COVID19?
Quello che ciascun imprenditore, libero professionista, freelance, deve considerare è che, mentre adesso siamo tutti impegnati con l’esigenza di sopravvivenza, a livello fisico e imprenditoriale, domani ci toccherà confrontarci con mercati completamente diversi.
Nella migliore delle ipotesi non si tratterà solo di una recessione, che forse potrà essere mitigata da ingenti interventi governativi, ma di un cambio quasi radicale di interi mercati.
Pertanto ognuno dovrà adattarsi al nuovo ed avere un forte stimolo al cambiamento!
Steve Blank, leggendario imprenditore statunitense, conosciuto anche per avere dato vita al movimento della Lean Startup, ha scritto di recente: “Sfortunatamente, non è più un mercato normale. Tutte le tue ipotesi su clienti, ciclo di vendita e, soprattutto, entrate, non sono più vere. Il virus Covid-19 cambierà il modo in cui acquistiamo, viaggiamo e lavoriamo per almeno un anno e probabilmente tre. È inconcepibile oggi avere lo stesso modello di business di 30 giorni fa!”
Dunque, prima cosa: i modelli di business attuali saranno messi fortemente in discussione, alcuni si riveleranno completamente anacronistici ed inefficaci.
Seconda cosa non vi sono al momento, e probabilmente per lungo tempo, elementi utili per capire quali saranno effettivamente i modelli di business sui quali puntare.
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